mercoledì 3 dicembre 2014

SI DICE... NON SI DICE Errori e orrori nell'uso che facciamo della nostra lingua (a cura della risorta Accademia dei Fluttuanti)

Ricordo ancora bene il primo giorno della scuola elementare. Come tutti gli altri bambini, anch’io ero stato opportunamente preparato al fatto che nella mia classe ci sarebbe stato un bambino ‘deficiente’, col supremo scopo di evitare di farlo sentire osservato o preso in giro e dunque di avere per lui un occhio di riguardo. Va da sé che il termine ‘deficiente’ era usato con tutto il rispetto del caso, senza la minima accezione negativa, anzi (il termine vale ‘deficitario, mancante in qualcosa’). Più tardi s’imposero termini barbarici (che intervengono sempre quando si vogliono confondere le acque o definire delle ‘figure professionali’ che non si capisce bene cosa facciano) quali ‘down’ e ‘handicappato’. ‘Down’ durò poco (ma, dato che non si butta via nulla, passò a significare un’altra cosa) mentre ‘handicappato’ evolvette in ‘portatore di handicap’. Ma poiché per certe cose l’evoluzione è inarrestabile, si arrivò presto a ‘disabile’, fino all’attuale ‘diversamente abile’, e in futuro chissà. La differenza è che una volta si diceva ‘deficiente’ con rispetto, ora è spesso un ‘diversamente abile’ ipocrita. Perché prima il valore era l’essenza della cosa, ora è la forma, l’apparenza. Ho un amico ‘diversamente abile’ che quando lo chiamano così si arrabbia come un caimano. Ha un nome: Piero, ed è così che lo chiamo. (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

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