martedì 5 agosto 2014

LA BONIFICA INTEGRALE DEL VENTENNIO


Alla fine della Prima Guerra Mondiale, il ritorno dei combattenti fu difficile. Le riforme promesse quando i contadini erano al fronte, si rivelarono semplici parole. L’unica concreta iniziativa governativa fu la creazione, nel 1917, dell’Opera Nazionale Combattenti, concepita per facilitare l’inserimento nella vita civile dei reduci ma pressoché fallimentare, sì che ai braccianti disoccupati non restò che occupare con la forza quella terre che erano state loro promesse. Col governo fascista, arrivò la saggia politica agraria  di Arrigo Serpieri, che promosse numerose leggi di carattere fondamentale, tra le quali quella sulla bonifica idraulica (e ne seguì direttamente l’applicazione per la famosa Bonifica Integrale), sulla difesa del suolo, sulle trasformazioni agrarie di pubblico interesse.  Serpieri venne eletto deputato al Parlamento nel 1924, incarico rinnovato fino al 1935 quando fu nominato Senatore del Regno e capo della Commissione Agricoltura (nel dopoguerra fu epurato perché fascista). Le prime bonifiche, con impianti idrovori per il sollevamento delle acque, ebbero inizio nel basso Veneto e in Emilia, creando nuove terre e nuovi posti di lavoro: sul suolo bonificato sorsero strade, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali ed ogni genere di infrastrutture. Dalle Paludi Pontine sorsero "in tempi fascisti" (ossia "nel minor tempo possibile") vere e proprie città. come Littoria (oggi Latina), Sabaudia (giudicata uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale europea),  Pontinia, Aprilia, Pomezia. Nell’Agro Pontino furono costruite ben 3040 case coloniche, 499 km di strade, 205 km di canali, 15.000 km di scoline. Furono dissodati 41.600 ettari di terreno, furono costruiti quattordici nuovi borghi che portano il nome delle principali battaglie alle quali parteciparono i nostri fanti. La Bonifica Integrale continuò senza soste: quella di Maccarese (azienda modello" agricolo-zootecnico-vivaistica, sorse su oltre 5 mila ettari di terreni bonificati con centinaia di case, campi sperimentali, caseifici, cantine sociali: tutto gestito da oltre 1500 lavoratori tecnici), dell’Isola Sacra a Roma; delle diverse aree sarde e lucane (che furono decisive nella sconfitta della malaria, autentica piaga sociale che causava centinaia di morti ogni anno). E così le bonifiche si estenderanno in Campania, Puglie, Calabria, Lucania, Sicilia, Dalmazia. E non possono essere dimenticate le grandi opere realizzate in Somalia, Eritrea e in Libia, che misero a coltura immense aree di terreni aridi e sabbiosi. Qualche dato, ancorché sommario: fra il 1923 e il 1938 furono bonificati 5.886.796 ettari (nel periodo precedente, in 52 anni ne furono bonificati 1.390.361 ettari), cui vanno aggiunti quelli delle colonie. Inoltre, 32.400 km di strade; 5.400 acquedotti; 15 nuove città e centinaia di borghi; oltre un milione di ettari di terreno rimboscati; un milione di fabbricati rurali; l’incremento notevolissimo della produzione. Gli occupati nelle opere di bonifica e nei nuovi poderi superavano le 500 mila unità.  (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

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