sabato 18 agosto 2012

La Pieve di San Vito di Ostellato

L’antica Pieve di San Vito, che fino a qualche anno fa esibiva un’anonima facciata seicentesca, è stata riportata al suo autentico e primitivo splendore di pieve romanica, dopo un restauro che l'ha spogliata della veste moderna riportando indietro nel tempo chi la incontra sul proprio cammino. La chiesa è stata costruita nel 1027, come riporta un’antica lapide del XVII secolo visibile nel muro interno della chiesa, la quale descrive anche che la chiesa venne successivamente "invertita” come orientamento (l'altare non più a est ma ad ovest), ciò che giustifica perché dalla strada si veda il retro della chiesa, oggi riportata al suo originale orientamento. Realizzata con materiale di riutilizzo di costruzioni romane probabilmente sopra a un tempio pagano, passando per un edificio bizantino a un'unica navata. Il campanile romanico è stato aggiunto nel XIII secolo. Nel 1686 venne trasformata in un’anonima chiesetta seicentesca, come si usava in quel periodo, in tutta Italia. Non senza difficoltà, nel 1925 Giacomo Mazzotti, un povero e modesto sacerdote riuscì ad ottenere aiuti, fisici ed economici, dando il via al restauro che venne faticosamente terminato nel 1928. Il territorio fra San Vito e Voghenza ha dato alla luce molti reperti romani, fra i quali sarcofagi di personaggi illustri che desideravano essere sepolti qui a testimonianza che anche in epoca pagana questo doveva essere un luogo sacro. Nel 1884 fu rinvenuto un cippo greco della tomba di Camurio Prisco che fu posizionato, durante il restauro, come altare, seguendo l’antica tradizione di usare elementi pagani per costruire elementi cristiani, un po' per mostrare la vittoria del cristianesimo sul paganesimo e un po' per far abituare i contadini alla nuova religione. Ma ciò si faceva agli albori del Cristianesimo ed è un fatto curioso, per fine ‘800. Fatto, peraltro, ripetuto: nel 1893 fu rinvenuto il sarcofago romano in marmo di una bimba, figlia di tal Domizio Modesto, e il sarcofago fu utilizzato come altare, stavolta della cripta. La pieve è dedicata a San Vito, Modesto e Crescenzio, martiri uccisi da Diocleziano. Non si sa se attorno esisteva un paese abitato o fosse essa stessa una comunità cristiana isolata, dato che all’epoca la zona era paludosa e dai reperti si è visto che la chiesa stessa si trovò più volte semisommersa dal fango. Il fatto che si trovi a pochi chilometri dall’Abbazia di Pomposa può far pensare che potesse fungere da luogo di preparazione per i pellegrini prima di raggiungere, il giorno seguente, l’Abbazia. Il luogo dove sorge è isolato, nonostante si trovi sulla via principale che collega Ferrara all'Abbazia di Pomposa, e ciò trasmette alla chiesa un’atmosfera suggestiva. Fin dal 1288 nella zona di Gattola, compresa all'interno del paese di San Vito, c’era un laghetto di acque termali che pare possedesse il potere di guarire i ciechi e sanare i lebbrosi, meta di pellegrini malati. Purtroppo nel 1444 il laghetto scomparve, ma si pensa che il suo potere magico sia stato trasmesso proprio alla Pieve. Sarà un caso, ma San Vito è il protettore dei ciechi e dei lebbrosi. (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)


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