giovedì 9 aprile 2015

Buon umore "Meglio soli che mal accompagnati" L&D

Dopo un divorzio, passato il dolore di rito, si pone il problema della solitudine. Di come difenderla, intendo. Sì, in un primo momento di sbandamento si pensa che forse sarebbe il caso di trovarsi un nuovo partner. Ma i più saggi ed avveduti finiscono per apprezzare la serenità di starsene da soli. Come dice il vecchio motto? ‘Meglio soli che...’ Ebbene, la solitudine è uno stato meraviglioso, pieno di tranquillità, condizione base di ogni possibile interesse e attività, che in coppia non sarebbe più possibile praticare. L’unico neo è costituito dal fatto che gli amici (tutti generalmente accoppiati: gli unici, in un mondo di separati) mostrano di non conoscerne le virtù e tramano in ogni modo per trovarti compagnia col sacro scopo di permetterti di ‘rifarti una vita’. A nulla varrà decantare loro le bellezze e le gioie dello stato solitario: penseranno che lo dici per disperazione e per nascondere anche a te stesso quanto in realtà tu stia male... e tu vagli a spiegare che non sei mai stato così bene! Nulla potrà smuoverli da questa convinzione, e allora giù ad organizzare “pizze” per farti conoscere amiche, sorelle, cugine, scelte fra quelle disponibili sulla piazza, a loro insindacabile avviso “adatte a te”: solitamente creature sortite da vere e proprie gallerie degli orrori, ciofeche, cessi spaziali ma... “sai, così tanto dolci” e pieni di “interessi culturali, proprio come te”; perdipiù condite da credenziali stile “vi ci vedrei proprio, insieme”, “siete simili” ed altre boutade. Il peggio del peggio è avere amici belli. Gli amici belli sono quelli che nascono pensando che la natura debba accoppiare naturalmente belli con belli, e brutti con brutti. Se uno della categoria dei brutti, quale il sottoscritto, dice che una “bonazza” è una “bonazza”, l’amico bello capisce, ma con quell’aria di “certo, ovvio” che non contempla minimamente che quella potrebbe degnarti di uno sguardo e che tu è scontato e dovuto che la trovi “bona”. Fa parte della natura. Se dico che un “cesso” è un “cesso” l’amico bello assume ugualmente l’aria di “certo, ovvio”, ma è un “certo, ovvio” con una sfumatura ben diversa. Diciamo che è più un “cero, però”. Che tradotto, vuol dire: vedo bene che è un cesso ma cosa pretendi? Anche tu lo sei, quindi vi somigliate, fa parte della tua razza. Perdipiù è dolce e gentile, cosa vuoi di più? Inutile dire che, se provate a dirgli: se è così dolce e gentile, escici tu! Ti guarderà allora con un sorriso stupito e sguardo da: “ma non è per me... come fai a non capirlo?” Ma no, ti assicuro: capisco benissimo. Il “bello” non contempla minimamente che ad un cesso possano piacere le “bonazze” e non apprezzi i cessi solo perché questi fanno parte della sua categoria. Deve accontentarsi. Rimanere nella sua casta, dalla quale ci si può elevare solo per censo (in tali casi, chissà perché, l’esempio è sempre il solito Briatore, che “se non avesse tutti quei soldi, vorrei proprio vedere...”). Ci consoliamo pensando, sapendo e constatando ogni volta, che i belli, oltre il bello, non hanno niente, mentre noi cessi siamo invece mostri di interessi e personalità da vendere. Ovviamente allora ho sempre evitato le “pizze” e gli inviti sospetti, ma è fatale che prima o dopo si venga colti a tradimento, in un momento di disattenzione, e ci si senta dire: “conosci mia cugina Sabrina? È la persona più dolce sulla faccia della terra”. “Alla faccia. E pure la più racchia in assoluto”, verrebbe da dire, “sembra una tubatura con dei segni di pinze e tenaglie”. Non ci sono limiti al peggio. Senza dire che, se ci sono le brutte comunque simpatiche o dotate di qualche attrattiva, ce ne sono di quelle che alla bruttezza uniscono una generosa dose di antipatia. Per arrivare a quelle dalle quali ci si deve guardare perché “operative”, nel senso che prende l’iniziativa e cerca di impossessarsi di te, un po’ come i marziani nei film americani di fantascienza degli anni Sessanta. Un modo per scamparla si potrebbe pensare sia dichiararsi squattrinato o meglio ancora, indebitato, ma al giorno d’oggi chi non lo è? E poi esistono creature che non demordono nemmeno in questi casi. Ne ricordo una che somigliava sinistramente alla mia ex suocera, una metà fra Alien e Lino Toffolo. Ispirato e spinto dalla forza della disperazione, riuscii a convincerla che il mio amico ‘bello’, quello che me la voleva affibbiare, la trovava segretamente simpatica e attraente, ma era così timido, il poverino... Beh, quando la cosa venne chiarita, lei si offese mortalmente e da quel momento mi lasciò stare. E il mio amico ‘bello’ si scelse un’altra opera umanitaria più degna che trovare compagnia al sottoscritto... tacciandomi d’ingratitudine. Colpo doppio! (Tratto dalla Rivista New Corriere dei Lidi)