mercoledì 23 aprile 2014

LUCIA MANNUCCI E GIORGIO CONSOLINI. NOI LI VOGLIAMO RICORDARE COSÌ

Poco tempo fa i media nazionali hanno dato grande risalto, com’era giusto, alla scomparsa di Lucio Dalla. Quasi in sordina, invece, e questo può soltanto dispiacere, è passata la scomparsa di altri due grandi nomi della canzone italiana, bolognesi anch’essi. Voci care e importantissime, che hanno accompagnato generazioni di italiane, ricambiate adesso con un grave silenzio. Sono Lucia Mannucci, voce femminile del Quartetto Cetra, e Giorgio Consolini. Coetanei (entrambi del 1920), sono scomparsi a poca distanza l’uno dall’altra. Li vogliamo ricordare, come un piccolo e doveroso omaggio a due grandi artisti. Lucia Mannucci era vedova, da tre anni, di un altro componente dei Cetra, Virgilio Savona. Fu nel 1944 ch’ella entrò a far parte del Quartetto, prima totalmente maschile, in sostituzione di Enrico de Angelis, come voce solista. Una mossa vincente, che ha consegnato i quattro alla storia della musica italiana. Precedentemente Lucia, trasferitasi giovanissima da Bologna a Milano per studiare arte del movimento, aveva superato l’audizione dell’Eiar, nel 1941, per diventare cantante per le orchestre radiofoniche e per diversi anni lavorò in concerti e riviste teatrali con personaggi del calibro di Natalino Otto, Gorni Kramer, Totò e, appunto, il Quartetto Cetra, col quale era destinata a percorrere gran parte della sua vita umana e artistica. Amatissimo dal pubblico, il Quartetto, diede grandi prove di sé in vari generi, dalla canzone tradizionale (fu cinque volte a Sanremo) al teatro, al cinema alla televisione (chi non ricorda le loro parodie a Studio Uno?). Lucia fu anche cantante solista, attrice di film e musical, presentatrice di programmi televisivi. Assieme al marito svolse attività di ricerca nell'ambito della musica popolare, anche destinata all'infanzia e col marito, nel 2007, realizzò un album intitolato Capricci, con registrazioni di canzoni realizzate in casa. Giorgio Consolini, ha fatto sognare generazioni di Italiani, alla radio, con brani che hanno fatto il giro del mondo, quali Tutte le mamme (con  cui vinse il Festival di Sanremo nel '54 in coppia con Gino Latilla), Usignolo (seconda a Sanremo ’57), Vecchio scarpone (terza a Sanremo '53), Luna rossa (che interpretò per la prima volta nel 1950 al festival di Piedigrotta e fu poi riproposta da tanti altri artisti, da Villa a Sinatra) e ancora Vecchia villa comunale, Sotto l’ombrello, Berta filava, Giamaica, Rimpiangimi, Polvere, Cenere, Il mare e tante, tante altre. Era stato in tournée in tutti i continenti, spesso assieme agli amici di sempre: Nilla Pizzi, Gino Latilla, Carla Boni, ovunque accolti con incredibile calore sia dalle comunità italiane che da quelle locali. Il suo esordio discografico risale al 1947, quando incide il suo primo 78 giri alla CGD con Mandolinate a sera e Madonna degli angeli. E da allora i dischi saranno decine, e i successi non si conteranno. Dal suo matrimonio (nel1950) ebbe due figli: Marco, che diverrà un campione di tennis, e Stefano, tenore lirico. Nel 1952 partecipò anche al film storico di Riccardo Freda La leggenda del Piave. Fu al festival di Sanremo per la prima volta nel ’53 (con 5 canzoni), l’ultima nel ’62. Negli anni ’80 forma il gruppo Quelli di Sanremo, con la Pizzi, Latilla e la Boni. Nel 1997 dal Presidente della Repubblica fu nominato Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana, a coronamento di una carriera che gli valse numerosi riconoscimenti quali l’Oscar della Musica a Parigi insieme a Edith Piaf e Charles Trenet. Ancora nel 2008 partecipò al memorial Pino Rucher a Manfredonia (FG) e nel 2010 cantò ad Alassio (SV) con Nilla Pizzi in occasione del Carnevale, e ad Ozzano (BO). A Lucia Mannucci e Giorgio Consolini, il nostro ricordo commosso e la nostra gratitudine per quanto hanno donato a tante generazioni di Italiani. (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

giovedì 17 aprile 2014

Comacchio Summer Fest 2014 - 31 Maggio - 1 Giugno

Nelle date 31 Maggio - 1 Giugno a Porto Garibaldi si svolgerà l'evento Comacchio Summer Fest 2014. 
Due giorni non stop di musica, ballo, divertimento, folclore con il carnevale sul mare.

lunedì 14 aprile 2014

LE UOVA COLORATE DELLA TRADIZIONE

Le uova colorate sono una tradizione pasquale simpatica, che sarebbe un vero peccato perdere. Come si fa a tingere senza usare colori artificiali, tossici? Semplice: basta farle bollire per un quarto d'ora in una pentola d'acqua alla quale avrete aggiunto un cucchiaio d'aceto. Per ottenere il colore rosa, unite una barbabietola rossa (bollita e tagliata a pezzetti); per il blu delle foglie di cavolo cappuccio; per il giallo qualche cucchiaio di tè; per il verde, degli spinaci. (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

Note storiche ed esoteriche sulla Pasqua

Il Paradiso terrestre, di cui parla la Bibbia, si riferisce ad un'epoca assai lontana, quando l'uomo viveva nella Lemuria, un grande continente, ora sommerso, nell'oceano Pacifico. Era un continente molto vasto che si estendeva da un punto a Nord delle Hawaii fino alle Figi e, a Sud, fino all'Isola di Pasqua. In questa terra, chiamata anche Mu, tutti professavano la stessa religione, adoravano il Dio-Sole e credevano nell'immortalità dell'anima. I Lemuriani furono grandi navigatori ed esperti architetti, costruirono palazzi di pietra e grandi templi senza tetto, affinché il popolo in preghiera potesse ricevere i raggi del Sole, loro Dio... Mentre il popolo adorava il Sole fisico, i più intelligenti lo consideravano un simbolo di Dio. Anche in Atlantide, altra terra scomparsa nell'oceano Atlantico, furono eretti dei templi per adorare il Sole. Non era comunque permessa alcuna immagine della Divinità, essendo il disco del Sole ritenuto l'unico emblema appropriato: un disco d'oro collocato in modo da ricevere i primi raggi del Sole all'equinozio di primavera (22 marzo) o al solstizio d'estate (22 giugno). Il disco, infatti, indica l'unicità e tutti gli attributi della Divinità; concetto da noi ripreso quando diciamo che 'Dio è tutto e tutto viene da Dio'.

IL CULTO DEL SOLE
Come abbiamo visto, da tempi immemorabili, il Sole è stato considerato un dio perché, con il suo movimento, crea le condizioni affinché sulla Terra vi possa essere la vita. Egli parte dal punto più basso (22 dicembre) sale sul livello dell'orizzonte, arriva al punto più alto (22 giugno) e quindi scende per toccare di nuovo il punto più basso. Va sottolineato che è la sua posizione rispetto all'orizzonte che determina la forza dei suoi raggi e non la sua distanza dalla Terra. Pertanto d'estate fa caldo anche se la Terra si trova più lontana dal Sole che non in inverno.Gli Antichi, che consideravano il Sole come un Dio dalle caratteristiche umane, nei mesi invernali lo vedevano invecchiare ed indebolire, mentre scendeva sempre più all'orizzonte. Lo consideravano morto nel giorno più corto dell'anno (21 dicembre) e quindi rinato (seppur ancora molto debole e fragile) nei giorni seguenti. Non dovrebbe pertanto stupire che a quei tempi la nascita del Dio-Sole fosse molto festeggiata: una nascita senza la quale il mondo sarebbe stato costretto a morire nelle tenebre e nel gelo.
Oltre alla nascita del Sole, vi sono altri momenti del percorso solare che sono stati oggetto di grandi festeggiamenti, tra essi il più importante è l'equinozio di primavera (22 marzo), che la Chiesa festeggia come santa Pasqua o Risurrezione, facendola appunto cadere nella prima domenica di Luna piena dopo l'equinozio di primavera. Per comprendere il significato della Pasqua, o Passaggio, bisogna immaginare la Terra come tagliata in due all'equatore da un piano che si estenda nello spazio. Se osservassimo il Sole nei mesi invernali lo vedremmo sotto tale piano, questo è il motivo per cui appare molto basso all'orizzonte. Arrivato al 22 marzo, il Sole passa al di sopra di tale piano immaginario offrendo al pianeta un nuovo impulso di vita e fertilità. Si comprende allora perché nella lingua inglese la santa Pasqua viene chiamata 'Passover' (passa di sopra). Nel momento in cui il Sole attraversa il piano immaginario, entra anche nel segno zodiacale dell'Ariete che, con il Cancro, la Bilancia ed il Capricorno, formano una croce nel cielo che corrisponde ai quattro punti cardinali. Questo è il motivo per cui si parla di 'crocifissione': il Sole, infatti, una volta posto sulla 'croce zodiacale', comincia a offrire la sua vita (energia vitale) per maturare l'uva, il grano e gli altri alimenti per tutte le creature. Per far ciò è necessario che superi il piano immaginario e si elevi verso il cielo. I concetti di un Sole che muore e rinasce al solstizio d'inverno;  viene crocifisso e risorge all'equinozio di primavera, sono universalmente diffusi. Nell'antico Egitto nel periodo in cui noi festeggiamo la Pasqua si celebrava Osiride ucciso da Tifone. Osiride veniva rappresentato nel cerchio dell'orizzonte, con le braccia stese, come se fosse crocifisso, posizione che originariamente indicava benedizione e non sofferenza. Similmente in Persia si celebrava la morte di Mitra ed in Grecia quella di Bacco - Dionisio. In Frigia, invece, si celebrava la morte di Attis che, va notato, veniva rappresentato come un uomo legato con un agnello ai piedi. ln tutti questi casi il cordoglio per la morte è comunque immediatamente seguito dall'allegrezza per la risurrezione. È notevole come prima della crocifissione sia da sempre suggerito il digiuno. Infatti prima di questo momento tutte le provviste messe in serbo pei generosi doni del Sole dell'anno precedente sono quasi esaurite e il cibo nella mensa non è certo abbondante. Interessante notare come il digiuno che precede l'equinozio primaverile, la moderna Quaresima, si ritrova nel Messico, in Egitto, in Persia, in Babilonia, in Assiria e nell'Asia Minore.
Dott. Mario Rizzi - (Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

mercoledì 9 aprile 2014

La ciclovia VenTo UNA BELLA PEDALATA DA TORINO A VENEZIA

Un “vento” che soffia da Venezia a Torino? Non propriamente un “vento” ma un “VenTo” e non soffia ma... pedala. Uno studio del Politecnico di Milano ha presentato recentemente il progetto di una “ciclovia”, ossia una pista ciclabile, lunga ben 679 chilometri, che passerebbe, per quasi l’intera lunghezza, sugli argini del Po. La “ciclovia VenTo” (ossia Venezia-Torino) sarebbe una delle più lunghe d’Europa (una più lunga, oltre 1200 km, si trova lungo il corso del fiume Elba) e attraverserebbe luoghi interessantissimi e ricchi di storia. Ne beneficerebbero indubbiamente migliaia di aziende agricole, strutture ricettive, attività commerciali che si trovano dislocate lungo il tracciato. Un po’ di numeri: 267 km (circa il 40% del totale) passerebbe all’interno di aree protette e oasi naturalistiche; 4 le regioni attraversate, 12 provincie, 121 comuni; costo dell’opera stimato in 80 milioni di euro. Tempi possibili di realizzazione: due anni. Anche perché non si partirebbe da zero: circa 100 chilometri sono già in funzione, pedalabili e pedalati, in Lombardia e proprio qui nel ferrarese; un milione di euro basterebbe a rendere fruibili altri 284 km (praticamente, 4 euro al metro); altri 148 km necessiterebbero di 18 milioni di euro per lavori di infrastrutture varie, mentre gli ultimi 145 km sarebbero completamente da fare (al costo previsto di 61 milioni). Il percorso da Torino a Pavia sarebbe interamente sul Po. Da lì  prevedrebbe una deviazione extra Po per Milano (per coinvolgere la prevista Expò). Da Pavia alla nostra Romea correrebbe di nuovo lungo gli argini del fiume, per poi dirigersi a nord, verso Chioggia e Venezia. Interessante anche il fatto che lungo il tracciato si trovano ben 115 stazioni ferroviarie, che permetterebbero ai turisti di “entrare in pista” nel punto a loro più comodo. Che dire? Se son rose fioriranno. Certo è che il progetto è stato accolto con grande interesse, ma altrettanto certo che l’interesse non basta. E anche nella migliore delle ipotesi, è probabile che ci vorranno ben più di due anni.
Ciclovia Torino - Venezia
(Tratto dalla rivista New Corriere dei Lidi)

venerdì 4 aprile 2014

STORIA E CURIOSITÀ LOCALI IN PILLOLE

Giardini di Corso Mazzini - Comacchio - Primi '900
Fino alla fine degli anni Venti, dov’è attualmente il campo sportivo, al termine di Corso Mazzini (ex Corso Vittorio Emanuele), esisteva un giardino pubblico. Era l’unica area verde attrezzata a fronte di una realtà ambientale costituita esclusivamente d’acqua. ... Al centro vi sorgeva una fontana di forma circolare. Alcune panchine di marmo bianco, allineate al viale alberato, consentivano alle persone di fermarsi a conversare. ... In occasione della festa dei ss. Pietro e Paolo e in altri giorni festivi si tenevano spettacolari concerti bandistici. Nel 1916 il Commissario preposto all’amministrazione comunale affittò per un anno il giardino al conduttore della manifattura dei pesci di Valle. La gente disapprovò questo atto e alla scadenza del contratto il Commissario ritornò sui propri passi. Col tempo, abbattuto il giardino per trasformarlo in campo sportivo, la figura del giardiniere si trasformò in quella di custode. Nel 1930 il giardino lasciò il posto al campo sportivo: quello di Piazza degli Eroi (ora Piazza Roma) era diventato poco consono per i tornei di calcio che la squadra lagunare si accingeva ad affrontare. Quella trasformazione, voluta anche dal presidente della squadra, penalizzò molto i cittadini. Il Campo Sportivo del Littorio fu costruito nel 1930 a cura del Comune, su un’area di 20.000 mq. Cintato su due lati da rete metallica, non aveva tribune, docce e wc. Aveva una pista podistica larga 5 m. dello sviluppo di 323 m senza un rettilineo di m 115. Il fondo del terreno era erboso ed era sprovvisto di buche per il salto e pedane per i lanci. Le dimensioni erano di m 90 X 55 con fondo di terreno erboso e senza altre installazioni. I lavori iniziarono il 17 maggio 1930 e furono terminati il 28 ottobre dello stesso anno. L’opera costò 12.000 lire e fu progettata dall’Ufficio Tecnico Comunale. (Tratto dal libro Sbablà, uà! Curiusità di Franco Luciani  e ridotto per la rivista New Corriere dei Lidi)